addì 21 luglio 2023
La nostra condizione umana è lo specchio della società in cui viviamo. In qualsiasi direzione ci volgiamo, osserviamo e ascoltiamo un lamento continuo rivolto a tutto e a tutti, diventando, così, una condizione di normalità in tutti gli ambiti e luoghi di vita.
Spesso noi stessi ci lamentiamo che lo stato non fa ciò che dovrebbe fare, che il governo non fa ciò che dovrebbe fare, che i ministri non fanno ciò che dovrebbero fare, che la scuola non fa ciò che dovrebbe fare, che i sanitari non fanno ciò che dovrebbero fare, che l'economia non fa ciò che dovrebbe fare, che questa o quella persona non svolge il proprio dovere, e così via... Quante lamentele!!!
Di conseguenza scaturiscono interrogativi banali: «...perché va tutto così male? ...perché nulla è perfetto? ...possibile che non c'è niente che si possa fare per cambiare in meglio l'ordine delle cose?».
Ognuno propone soluzioni, ricette e modi per risolvere qualsiasi tipo di situazione problematica, apparentemente "geniale" nella sua semplicità, partendo, però, da se stessi e dal proprio vissuto definito dalla propria condizione sociale, economica e culturale, tralasciando qualsiasi altra condizione che non appartiene alla propria e personale sfera di riferimento.
Quindi, ognuno di noi, si sente capace di affrontare e risolvere tutto l'ordine delle cose, perseguendo il nobile "obiettivo" di ottenere risultati perfetti.
In teoria ciò può essere possibile, secondo il nostro metro di giudizio ciò può essere possibile, secondo il proprio e personale pensiero ciò può essere possibile, ma "tra il dire e il fare, c'è di mezzo il mare".
E' possibile cambiare l'ordine delle cose?
Facilmente la risposta più comune afferma che: "è possibile cambiare se tutti quanti collaboriamo con la effettiva volontà di modificare l'ordine delle cose".
Il principio della collaborazione scaturisce principalmente dal dialogo per trovare le idonee soluzioni capaci di modificare qualsiasi ordine delle cose.
Spesso però il dialogo "collaborativo", produce una evidente volontà di alcuni singoli di far prevalere la propria idea su quella degli altri, rifiutando, con pregiudizio, le altrui idee.
La conseguenza è che il dialogo diventa scontro, fastidio, alterazione di voce, violenze verbali e non, arrabbiatura, sopraffazione e, purtroppo, litigi.
Nessuno si vuol sentire "pecora", cioè inferiore agli altri, e mostra gli artigli da "leone", per mostrare di essere migliore degli altri e, così facendo, si tende a dare la colpa agli altri, alla società, alla scuola, alla famiglia, ecc.
Esiste la perfezione o l'intera esistenza è straordinaria proprio per la sua imperfezione?
Ognuno di noi osservando l'imperfezione generale, secondo il proprio modo di concepire la "perfezione" e ritenendosi migliore degli altri, tende con forza a prospettare le proprie e personali soluzioni e ricette.
Purtroppo il cambiamento collaborativo, prospettato dalle "perfette e geniali" soluzioni propriamente personali, dipende prima e sempre dagli altri e, poi, da noi con gli altri; come a dire: «armiamoci e partite!!!».
Davanti a questa prospettiva di cambiamento collaborativo, ognuno di noi singolarmente e in tutta sincera onestà, comunque in qualche modo si sentirebbe di partecipare direttamente e personalmente, al mutamento delle situazioni o dello stato delle cose verso la perfezione.
Il conseguente entusiasmo, eticamente sincero e leale, spinge ad elaborare tanti pensieri, tante idee e tanti progetti che, quasi immediatamente, si spengono allorché ci si guarda intorno e si osserva che: quella persona pensa ai propri interesse, quell'altra persegue scopi personali, quell'altra ancora attende di valutare gli effetti finali in modo da essere pronto a "saltare sul carro del vincitore" senza impegnarsi in responsabilità personali, alla fine dei conti ci si accorge, cioè, che non esiste una visione unitaria del "bene comune", ma ognuno pensa e ragiona per "compartimenti stagni" secondo la propria condizione, la propria situazione e i propri bisogni primari.
Chiaramente, dopo aver osservato queste e tante altre situazioni ragionate e, anche, immaginabili, ci si ferma a valutare i pro e i contro di un proprio coinvolgimento diretto nella fase del cambiamento verso la "perfezione", consapevoli dell'assunzione di responsabilità eticamente leali che corrispondono ai nostri ideali coerenti con i nostri modi di vivere e di essere, e gli interrogativi che seguono diventano profondamente concreti, sensati e seri:
- Chi sono io per cambiare il mondo?
- Sono forse io capace di cambiare l'ordine costituito delle cose nel mondo?
- Forse sono stato investito di un incarico potente che mi permette di stravolgere la vita degli altri a mio piacimento?
- Sono forse io in possesso di un potere straordinari o sovrumano tale da modificare gli eventi a me contemporanei?
- Sono forse io così potente da stravolgere i sistemi di libera convivenza umana?
- Sono forse io giudice con il potere di assolvere o di condannare?
Lo storico esempio più eclatante è narrato nella famosa vicenda che pone di fronte Gesù e Pilato, in cui emerge un dialogo che descrive proprio il dubbio della validità di quella forza di riferimento che dà origine al potere che un singolo uomo pretende di esercitare sugli eventi e sulle vite di altri uomini.
Infatti disse Pilato: «...Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?».
Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. (cf.Gv 19,10-11).
Quindi l'origine del potere è la chiave di tutto il sistema in perfetto equilibrio squilibrato o in perfetto squilibrio equilibrato.
Secondo Pilato il potere conferitogli dall'imperatore, "Cesare", gli da' titolo e diritto di cambiare, stravolgere, modificare e giudicare secondo il suo personale libero arbitrio.
Gesù, invece, apre e prospetta un'altra visione, molto più ampia e universale da cui non si può prescindere, in quanto la globalità delle cose, il meccanismo strutturale e la condizione umana sono legati da un insieme di micro sistemi inseriti in altri insiemi di macro sistemi tra loro in simbiosi, simili a ruote dentate innestate in meccanismi automatici, governati e movimentati da una sola Suprema Divina Origine Generatrice che stabilisce tempi, azioni e modi completamente diversi da quelli che ogni singolo essere umano potrebbe o vorrebbe attuare in maniera perfetta.
Dunque:
- Chi sono io per cambiare il mondo?
NESSUNO, NIENTE, NULLA.
Nessuno può erigersi a potente gestore delle proprie o altrui esistenze e, se qualcuno lo è, appartiene alla categoria delle schegge impazzite e squilibrate, capaci di generare distruzione e non vita.
La nostra fragile e fugace esistenza chiede ad ognuno di partecipare, meglio che può e senza pretesa alcuna, come piccolissimo componente di questo immenso, meraviglioso e Divino Organismo Universale.
p.a.BiS
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